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    Massimale INPS 2025: limiti contributivi e impatti sulla pensione

    Dal 1996 chi è nel sistema contributivo puro ha un tetto ai versamenti.
    Ma non tutti sanno che una sola giornata “ante ’96” può cambiare tutta la carriera previdenziale.

    Origine del massimale

    Il massimale contributivo nasce con la riforma Dini (legge 335/1995) e riguarda chi ha cominciato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 in poi.

    Per questi soggetti, che rientrano nel cosiddetto sistema contributivo puro, la legge ha fissato un tetto massimo oltre il quale non si versano più contributi — e di conseguenza, non si maturano ulteriori quote di pensione.

    Nel 2025, tale limite è pari a 120.607 euro di reddito imponibile.( cfr Circolare inps 26/2025) Sopra questa soglia, i contributi non si versano e la parte eccedente non incide sulla pensione futura.

    Chi è soggetto al limite

    Sono soggetti al massimale:

    • i lavoratori dipendenti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
    • i lavoratori autonomi o iscritti alla Gestione Separata INPS che abbiano iniziato a versare dopo il 1995;

    Viceversa, chi anche solo per un giorno risulta aver versato contributi prima del 1° gennaio 1996, resta nel sistema misto o retributivo e non ha alcun limite ai versamenti.

    È il caso, ad esempio, di chi ha riscattato la laurea, il servizio militare o una collaborazione occasionale riferita ad anni antecedenti al 1996: anche una sola giornata, magari per uno spot pubblicitario, “riattiva” l’anzianità e fa cadere il tetto.

    Effetti sul reddito e sulla carriera previdenziale

    Per chi rientra nel regime contributivo puro:

    • non si versano contributi oltre il massimale;
    • non si accumulano diritti pensionistici sulla quota eccedente;
    • i datori di lavoro interrompono i versamenti una volta raggiunto il limite.

    Ciò significa che due dirigenti con la stessa retribuzione possono maturare pensioni molto diverse a seconda della data del primo contributo.

    Per chi ha anche un solo giorno ante ’96, la contribuzione prosegue integralmente: maggiore onere, ma anche maggiore tutela previdenziale.

    Un controllo che conviene

    È quindi utile verificare la posizione assicurativa e la data del primo versamento.

    I datori di lavoro devono farsi rilasciare una dichiarazione dal dipendente circa il primo contributo versato, i dipendenti devono fare attenzione dichiarando con precisione la data del primo versamento.

    Un riscatto o una ricongiunzione possono modificare radicalmente la situazione.
    E in certi casi, la differenza si misura in decine di migliaia di euro di contributi inaspettati e arretrati, anche se a fronte di una pensione ben più consistente.

    Cosa dice il consulente — anzi, la consulente.
    Un lavoratore, senza contributi prima del 1996, ha riscattato il servizio militare, prestato prima di quell’anno. Quel riscatto l’ha riportato indietro nel tempo: un anno di contribuzione ante ’96 e il passaggio automatico al sistema misto.
    Risultato?
    Niente più massimale.
    Risultato n. 2: richiesta di contributi arretrati da parte dell’INPS.

    Un caso reale, che ricorda quanto ogni ricostruzione previdenziale vada valutata prima di presentare un riscatto o un trasferimento.
    Capire se si ha diritto al massimale non è solo un fatto tecnico.
    È il primo passo per evitare versamenti imprevisti e pianificare la pensione con consapevolezza.

    Foto di micheile-henderson-SoT4-mZhyhE-unsplash

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