Quando la trasparenza passa per i messaggi
La gestione documentale digitale nella Pubblica Amministrazione
C’è stato un tempo in cui nella Pubblica Amministrazione “documentare” voleva dire scrivere, protocollare, fascicolare.
Oggi, invece, ci sono decisioni che iniziano — o si concludono — con un messaggio istantaneo: WhatsApp, Telegram, Teams, Signal: strumenti rapidi, informali, spesso più veloci di una PEC.
Ma se quel messaggio contiene un’informazione rilevante che porta ad una decisione, o un’istruzione amministrativa, può ancora essere considerato “personale”?
O diventa, a tutti gli effetti, documento amministrativo, appartenente al procedimento?
Un principio europeo che cambia prospettiva
La risposta è arrivata dal Tribunale dell’Unione europea, con la sentenza T-36/23 del 14 maggio 2025.
In quella vicenda — divenuta famosa come “il caso dei messaggi tra la Presidente della Commissione e l’amministratore di Pfizer” — il Tribunale ha affermato un principio chiaro:
Anche i messaggi istantanei possono costituire documenti ufficiali,
se contengono elementi sostanziali di una decisione amministrativa.
L’obbligo di conservarli deriva dal diritto di accesso ai documenti (art. 15 TFUE – TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA ) e dal principio di buona amministrazione (art. 41- diritto ad una buona amministrazione – Carta dei diritti fondamentali UE).
In sostanza: se una decisione pubblica prende forma in una chat, quella chat entra a far parte dell’azione amministrativa.
Il quadro italiano: sicurezza, tracciabilità e memoria digitale
Il DPCM 30 aprile 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 5 maggio, ha ridisegnato la disciplina degli approvvigionamenti ICT nelle Pubbliche Amministrazioni e nei soggetti critici.
Introduce i principi di sicurezza by design, tracciabilità dei software (Software Bill of Materials) e aggiornabilità periodica.
Non parla di chat, ma pone un fondamento preciso:
ogni sistema usato per gestire informazioni pubbliche deve essere sicuro, verificabile e conservabile.
Se quindi la comunicazione istituzionale transita per canali digitali — anche informali — il principio di conservazione documentale si estende anche a quei contenuti.
Cancellare un messaggio, in certi casi, può voler dire eliminare un atto pubblico.
Cosa dice il consulente — anzi, la consulente.
Chi vigila sui conti e sulla regolarità amministrativa non deve trasformarsi in informatico, ma non può ignorare come si muove l’informazione.
Oggi serve anche questo sguardo:
- Esiste una policy interna che distingua messaggi personali e d’ufficio?
- I contenuti istituzionali scambiati su canali privati vengono registrati o almeno verbalizzati?
- Il sistema di conservazione digitale comunale è aggiornato e conforme al DPCM 2025?
Domande nuove, ma inevitabili.
Perché nella PA non tutto ciò che è scritto è un atto —ma tutto ciò che incide su una decisione è documentazione che dimostra l’iter del procedimento amministrativo.
Foto di Mohamed Nohassi su Unsplash