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A volte si ha la necessità di cedere gratuitamente ai propri figli, ai propri genitori, ad un parente un immobile. Come formalizzare questa operazione? Attraverso un contratto di comodato.
DEFINIZIONE
Disciplinato dagli articoli 1803-1812 del codice civile viene dallo stesso definito il contratto con cui una persona (comodante, in genere il proprietario, ma non è sempre così) consegna una cosa mobile o immobile (è il caso che approfondiamo in questo intervento) perché se ne serva per un certo periodo di tempo e per un uso determinato, con l’obbligo di restituirla. Il comodatario (colui che userà il bene) è tenuto a custodire e conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia (con la cura che l’uomo medio ha delle proprie cose), non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla sua natura, non può concederlo ad un terza persona in godimento senza il consenso del comodante. Il comodatario è tenuto alla restituzione della cosa allo scadere del termine o quando se ne è servito. In ogni caso il comodante può esigere la restituzione immediata per motivi giustificati e, nel caso di morte del comodatario, può richiederla agli eredi.
QUALE FORMA DEVE AVERE IL COMODATO?
Il codice civile non richiede una forma particolare, tuttavia ai fini fiscali, è soggetto a registrazione secondo quanto disposto dall’articolo 5 della tariffa allegata al Dpr 131 del 26 aprile 1986. Se ne deduce quindi un obbligo di forma scritta. L’Agenzia delle Entrate si è espressa in tal senso attraverso la risoluzione n. 14/E del 6 febbraio 2001.
COSTI DI REGISTRAZIONE
200 euro da versare tramite F23 entro 20 giorni dalla stipulazione del contratto
16,00 euro di marche da bollo per ogni copia (che non deve superare le 4 facciate o 100 righe). Preventivare almeno tre copie: una per l’Agenzia delle Entrate, una per il comodante, una per il comodatario.
Articolo modificato in data 1-1-2014 per adeguarlo alle nuovi importi relativi ad imposta di registro e imposta di bollo
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